La mostra, intitolata Camera 10: Giorgio Griffa – Anni ’70-2000 e curata da Matteo Galbiati, ha presentato una ventina di dipinti, sia su tela che su carta, realizzati dal celebre artista torinese dagli anni Settanta agli anni Duemila. Attraverso questi lavori, si è voluto testimoniare i differenti cicli pittorici di Griffa, che si intrecciano e sovrappongono accentuando l’a-temporalità del dettato pittorico dell’artista.

Giorgio Griffa è stato uno dei protagonisti della stagione analitica della pittura italiana e rappresentante di spicco di quella tendenza che alla fine degli anni Sessanta ha impegnato alcuni giovani a riflettere sui temi intrinseci proprio al linguaggio pittorico. La sua ricerca, oggetto di una recente rivalutazione sia dal punto di vista critico che del mercato, si basa su un corollario di segni-gesti primari, ma anche di simboli e codici, che lasciano sospesa la scrittura pittorica nel vuoto della tela grezza. Privato del telaio e liberato nello spazio il supporto del colore, il quadro perde la propria oggettualità e ritrova una differente potenzialità espressiva in dialogo anche con il luogo che lo accoglie, accedendo ad una nuova fenomenologia che dichiara la sua natura.

La mostra si è svolta presso la nuova sede di KROMYA Art Gallery a Verona, fondata nel 2018, che porta avanti il proprio progetto culturale nonostante le difficoltà del presente, con la certezza che l’arte possa costituire un’importante risorsa per il futuro. La galleria ha scelto di chiamare “Camera” le proprie esposizioni e di mantenere questa titolazione anche per la sede di Verona, per rendere l’intimità e la familiarità che vi era soprattutto nelle gallerie tedesche nate nel secondo dopoguerra. Il visitatore viene pertanto accolto in un ambiente intimo, come lo è quello della sede di Lugano, ubicata in quello che fu un appartamento di un palazzo di inizio ‘900.